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Non ti muovere! Con lo yoga 'lavori' anche da fermo

Immagine del redattore: Antonella RondinoneAntonella Rondinone

Aggiornamento: 2 ott 2020


Nel nostro contesto sociale non è ammesso fermarsi. L’idea violentemente dominante ci racconta in loop che se non facciamo qualcosa, qualsiasi cosa, saremo dannati. Chi si ferma è perduto, dice un notissimo proverbio che abbiamo sentito talmente tante volte da averlo letteralmente tatuato nei nostri circuiti cerebrali!


Siamo abituati a dare una valenza positiva al movimento ed una negativa all’immobilità.


Finché ci muoviamo ci sentiamo vivi, utili a noi e a chi ci sta intorno. Quando siamo attivi, ancora meglio se impegnati in azioni produttive, riteniamo di impiegare bene il nostro tempo mentre quando siamo fermi crediamo di buttarlo via. Il tempo è prezioso ed è un peccato sprecarlo con l’inazione, ovvero con qualcosa a cui siamo addestrati ad attribuire una valenza estremamente negativa.

L’azione ci fa sentire vivi, l’inazione ci fa sentire perduti.


Le ragioni per cui temiamo così tanto l’inazione sono molteplici.

Una delle più diffuse è l’horror vacui, il terrore del vuoto, dove per vuoto non si intente uno spazio fisico ma un tempo in cui non accade nulla. E’ una questione individuale, ancestrale. Trovarci soli con noi stessi può essere spaventoso anche perchè ci porta a vedere e a sentire cose che non possiamo, non sappiamo o non vogliamo affrontare (almeno in quel momento).

Un’altra ragione, non meno potente, è lo stigma sociale che ne deriva. L’idea che se ti fermi sei finito, perduto, pigro, debole, inutile sottende una narrativa estremamente aggressiva proveniente dal nostro contesto sociale capitalista, iper produttivo per vocazione, che ci vuole sempre attivi a produrre o a consumare.

Questo pensiero si riverbera anche nello yoga in cui la nostra attenzione va sempre al movimento, alla parte muscolarmente attiva, al momento in cui ci muoviamo, facciamo esercizio, ci tonifichiamo e magari dimagriamo. Quando stiamo fermi invece ci sentiamo a disagio, abbiamo l’impressione di perdere tempo. Eppure movimento e immobilità sono due aspetti imprescindibili: nello yoga come nella nostra quotidianità.

In ciascun asana c’è una parte attiva e una passiva. La parte attiva è costituita dai muscoli che in quel momento lavorano per mantenere la posizione mentre la parte passiva riguarda tutto ciò che non serve impegnare e che quindi può essere rilassato. Anzi , che deve essere rilassato per rilasciare energia (per tendere i muscoli serve molta energia) e metterla a disposizione. E’ interessante notare, inoltre, che l’energia fluisce maggiormente nella parte passiva, quella rilassata, quella che secondo noi non sta facendo niente.

Mentre siamo fermi in una posizione possiamo imparare due cose interessanti che come sempre valgono sia nella pratica che nella vita:

1) prima di tutto possiamo imparare a cogliere l’insieme di attivo e passivo: entrambi gli aspetti compongono ogni cosa ed entrambi sono indispensabili. Concentrandoci sull’insieme dei due aspetti possiamo osservare le cose nella loro interezza e capire che ognuna ha il suo valore e il suo ruolo.

2) prendere consapevolezza di ciò che serve mantenere attivo e rilasciare tutto ciò che non ha bisogno di tendersi. In questo modo ci seve uno sforzo minore per mantenere la posizione (che sia un asana o una situazione) e possiamo liberare energia da impiegare altrove.

Facciamo una prova


Proviamo con la posizione raffigurata nella foto, parivritta janu sirsasana.


- Siediti a terra con le gambe divaricate.

- Piega la gamba destra e porta il piede verso l’inguine.

- Inspirando porta il braccio destro verso l’alto e poggia gomito sulla coscia sinistra scendendo lateralmente con il busto.

Ora che ti trovi nella posizione osserva quali muscoli servono a mantenerla e rilassa tutto ciò che invece non serve. Lasciati agire dall’asana, lascia che la forza di gravità faccia il suo lavoro e osservati. Osserva il lato passivo e quello attivo. Osserva come si muove il respiro nel polmone aperto e in quello compresso ma soprattutto osserva la posizione nel suo insieme apprezzando l’equilibrio delle due forze notando come una non potrebbe esistere senza l’altra e che insieme compongono un intero.


Vieni a praticare con noi!




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